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Copyright

Tutti i contenuti del sito quali immagini, video e testi sono pubblicati inediti e di proprietà esclusiva del Copyright della Chiesa di Cornelio.

Si vieta ogni tipo di riproduzione anche parziale, che in caso contrario sarà perseguita con tutti i mezzi concessi dalle leggi Italiane.

Il Marchio “Studio Esoterico Cornelio” è un Marchio Registrato in tutti i paesi dell’unione Europea e San Marino, Svizzera, Panama, Stati Uniti d’America: suddetto Marchio Internazionale è di proprietà esclusiva della Chiesa di Cornelio ed è stato stimato il suo valore intorno ai 5 milioni di Euro.

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Si chiederà immediata ingiunzione alla Magistratura di eventuali siti o video che usino il Marchio sopraindicato, ottenendone l’oscuramento di siti internet o video o link che facciano un uso decettivo o Anticoncorrenziali del proprio Marchio. Si considerano anche le campagne pubblicitarie dei motori di ricerca come Google Ads e I Register ovvero I rivenditori di nomi a dominio e hosting ovvero spazi web per siti online.

Orbene, qualora un servizio o un prodotto sia venduto da un operatore economico,  attraverso un mercato online e senza il consenso del titolare del marchio questi può opporsi alla vendita, all’offerta o alla pubblicità in forza delle norme di cui all’art. 20 del Codice della proprietà intellettuale.

Il titolare di un marchio può vietare al gestore di un mercato online di fare Pubblicità ai servizi che utilizzino detto marchio offerti nel suddetto mercato, qualora Siffatta pubblicità non consenta, o consenta soltanto difficilmente, all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se tali servizi Provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a Quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo. L’art. 14, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, e l’art. 17 del Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 si applicano al Gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permette di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati.

In altre parole, il gestore di un mercato online non può considerarsi esente da Responsabilità qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un Operatore diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità delle offerte e, nell’ipotesi in Cui ne sia stato al corrente, non abbia prontamente agito conformemente al n. 1, lett. b), del richiamato art. 14.

Alla luce di ciò è doveroso dai register e fornitori di nomi a dominio e hosting revocare ogni beneficio concesso ai soggetti che utilizzano la keywords “CORNELIO” o “STUDIO ESOTERICO CORNELIO” o la loro traduzione in qualsiasi lingua. Ed infatti, qualora non dovesse avvenire ciò si avrebbe una lesione dei diritti riconosciuti al titolare di un marchio. A tal proposito si consideri che l’art. 20 del Codice delle proprietà intellettuali prevede la possibilità per il titolare del marchio di opporsi alla vendita, alla pubblicità ed all’offerta del prodotto da parte dei soggetti non autorizzati, consentendo allo stesso di ottenere da chi viola tali disposizioni anche un risarcimento quale ristoro dei danni subiti dalla lesione del diritto legalmente riconosciuto. Stesse sorti valgono per chi tragga in inganno un soggetto, sfruttando un marchio noto per avere dei vantaggi e pertanto a chi pone in essere una sleale concorrenza, ed anche in quest’ultimo caso è previsto un risarcimento del danno ex art. 2600 c.c.

Ma le violazioni non si arrestano all’ambito civilistico e pertanto non restano nel solo alveo economico. Ed infatti, qualora un Register non arrestasse tale tipo di concorrenza finirebbe per perpetrare una concorrenza illecita, posto che permetterebbe ad altri di usare un marchio altrui, senza che il titolare ne abbia dato il consenso. Nell’ambito delle concorrenze illecite si ricordi che il nostro ordinamento dà la possibilità alla persona offesa (da individuarsi in questo caso nel titolare del marchio) di procedere attraverso formale querela.

Ebbene, l’art. 513 c.p. prevede che l’utilizzo di mezzi fraudolenti per impedire o turbare l’esercizio di un’attività costituisca reato; ma ancor più nel caso in cui si ravvisino atti di violenza o minaccia nell’esercitare la concorrenza ciò è penalmente punito ex art. 513 bis c.p.

E pertanto, il perpetrarsi di attività potrebbe sfociare in non poche conseguenze.

Con particolare riferimento ai segni distintivi, oltre al noto fenomeno del domain grabbing (registrazione in malafede di un dominio corrispondente al marchio altrui), particolare importanza e risonanza ha avuto l’illecita utilizzazione di segni distintivi di terzi come parole chiave (keywords) ai fini del cosiddetto keyword advertising.

Le keywords sono, per l’appunto, parole chiave che vengono utilizzate dai titolari dei siti internet al fine di far apparire i link ai propri siti quando viene effettuata una ricerca on-line. I motori di ricerca hanno, da tempo, iniziato a vendere spazi pubblicitari correlati a determinate parole chiave.

Per fare l’esempio più noto, il servizio di posizionamento Adwords di Google fa apparire, a margine dei risultati “naturali” della ricerca, alcuni link sponsorizzati, ovvero i link di quegli operatori che hanno inserito una determinata parola chiave, corrispondente alla parola cercata dall’utente, nelle proprie inserzioni. L’inserzionista, a fronte del servizio di posizionamento, versa poi a Google una determinata somma per ogni click ricevuto dal proprio link sponsorizzato (cd. pay per click).

Ebbene, il titolare di un’attività commerciale che, per richiamare l’attenzione degli utenti su  propri prodotti o servizi, inserisca negli spazi pubblicitari acquistati dal motore di ricerca una parola chiave identica o simile al marchio di un concorrente, può essere accusato di contraffazione di marchio.

In Italia, la giurisprudenza ha disciplinato in modo diverso, nel tempo, l’uso in rete di marchi altrui a fini commerciali. in tema di keyword advertising, il Tribunale di Milano ha stabilito che l’uso di marchi altrui come keywords a fini pubblicitari costituisce, oltre che concorrenza sleale, anche violazione di marchio allorché l’uso avvenga anche in funzione distintiva (ad esempio, all’interno dell’annuncio pubblicitario), poiché tale uso è idoneo a generare confusione nei consumatori e, nel caso di marchi notori, anche a generare un profitto per l’utilizzatore e un danno per il titolare del marchio.

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